Il dono della Scienza

7 doni dello Spirito SantoSecondo San Tommaso il dono della ha per oggetto le realtà create. E’ il dono che ci comunica un retto giudizio circa le creature, mettendoci in grado di giudicare non secondo le apparenze ma con giusto giudizio. Chi ha un retto giudizio circa le creature, non pensa che in esse ci sia la felicità perfetta, e non le scambia per il vero fine, in tal modo conservando il vero bene. Ma questo retto giudizio ci rende anche capaci di utilizzare bene le cose create, le quali ci sono state date per conservarle e coltivarle per indirizzarle verso l’ultimo fine che è Dio.
A ogni uomo infatti, come ad Adamo al principio, vengono ripetute queste parole:
Il Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse. (Gen 2,15)
Coltivare e custodire. Non si può solo coltivare e non custodire. Non si può custodire soltanto e non coltivare. La che Dio ci dona è ricerca di nuove vie per la realtà creata nel rispetto e nella custodia fedele di quanto è uscito dalle mani di Dio.
Quando Dio ha creato il mondo, non lo ha creato compiuto: la creazione non è finita. L’uomo ha preso possesso lentamente della terra, forgiandola, adattandola alle sue esigenze, sviluppando le potenzialità del creato per il suo bene e per la gloria di Dio” (dalla Lettera ai cercatori di Dio dei vescovi Italiani).
Non mi resta che concludere con una breve catechesi su questo dono, fatta nel 1989 da Paolo II:
La riflessione, già avviata nelle precedenti domeniche, sui ci porta oggi a parlare di un altro dono: quello della scienza, grazie al quale ci è dato di conoscere il vero valore delle creature nel loro rapporto col Creatore.
Sappiamo che l’uomo contemporaneo, proprio in virtù dello sviluppo delle scienze, è particolarmente esposto alla tentazione di dare un’interpretazione naturalistica del mondo: davanti alla multiforme ricchezza delle cose, alla loro complessità, varietà e bellezza, egli corre il rischio di assolutizzarle e quasi divinizzarle fino a farne lo scopo supremo della stessa sua vita. Ciò avviene soprattutto quando si tratta delle ricchezze, del piacere, del potere, che appunto si possono trarre dalle cose materiali. Sono questi i principali idoli, dinanzi ai quali il mondo troppo spesso si prostra.
Per resistere a tale sottile tentazione e per rimediare alle conseguenze nefaste alle quali essa può portare, ecco che lo Spirito soccorre l’uomo col dono della scienza. E’ questa che lo aiuta a valutare rettamente le cose nella loro essenziale dipendenza dal Creatore. Grazie ad essa – come scrive san Tommaso – l’uomo non stima le creature più di quello che valgono e non pone in esse, ma in Dio, il fine della propri vita (cfr. «Summa Theologiae», II-II, q. 9, a. 4).
Egli riesce così a scoprire il senso teologico del creato, vedendo le cose come manifestazioni vere e reali, anche se limitate, della verità, della bellezza, dell’amore infinito che è Dio, e di conseguenza si sente spinto a tradurre questa scoperta in lode, in canto, in preghiera, in ringraziamento. E’ ciò che tante volte e in molteplici modi ci è suggerito dal libro dei Salmi. Chi non ricorda qualcuna di tali elevazioni? «I cieli narrano la gloria di Dio, e l’opera delle sua mani annunzia il firmamento» (Sal 19[18],2; cfr. Sal 8,2); «Lodate il dai cieli, lodatelo nell’alto dei cieli… Lodatelo sole e luna, lodatelo, voi tutte, fulgide stelle» (Sal 148,1.3).
Illuminato dal dono della scienza, l’uomo scopre al tempo stesso l’infinita distanza che separa le cose dal Creatore, la loro intrinseca limitatezza, l’insidia che esse possono costituire, allorché, peccando, se ne fa cattivo uso. E’ una scoperta che lo porta ad avvertire con rammarico la sua miseria e lo spinge a volgersi con maggior slancio e fiducia verso colui che, solo, può appagare pienamente il bisogno di infinito che lo assilla.
Questa è stata l’esperienza dei santi; lo è stata anche – possiamo dire – dei cinque beati, che oggi ho avuto la gioia di elevare agli onori degli altari. Ma in modo del tutto singolare quest’esperienza è stata vissuta dalla Madonna, la quale con l’esempio del suo personale itinerario di fede ci insegna a camminare «tra le vicende del mondo, avendo fissi i cuori là dov’è la vera gioia» («Oratio» XXI domenicae per annum).