Il dono dell’Intelletto

7 doni dello Spirito SantoNella sua lettera agli Efesini, S.Paolo parla oltre allo spirito di sapienza di uno spirito di rivelazione. Questo spirito di rivelazione è il dono dell’.
Non dobbiamo pensare a speciali rivelazioni ma alla comprensione della Rivelazione cristiana. Infatti con Gesù e in Gesù Cristo Dio ha espresso tutto quello che voleva rivelare all’uomo. Come afferma il Concilio Vaticano II :Dopo aver a più riprese e in più modi, parlato per mezzo dei profeti, Dio « alla fine, nei giorni nostri, ha parlato a noi per mezzo del Figlio» (Eb 1,1-2). Mandò infatti suo Figlio, cioè il Verbo eterno, che illumina tutti gli uomini, affinché dimorasse tra gli uomini e spiegasse loro i segreti di Dio (cfr. Gv 1,1-18). Gesù dunque, Verbo fatto carne, mandato come «uomo agli uomini » (3), « parla le parole di Dio » (Gv 3,34) e porta a compimento l’opera di salvezza affidatagli dal Padre (cfr. Gv 5,36; 17,4). Perciò egli, vedendo il quale si vede anche il Padre (cfr. Gv 14,9), col fatto stesso della sua presenza e con la manifestazione che fa di sé con le parole e con le opere, con i segni e con i miracoli, e specialmente con la sua morte e la sua risurrezione di tra i morti, e infine con l’invio dello Spirito di verità, compie e completa la Rivelazione e la corrobora con la testimonianza divina, che cioè Dio è con noi per liberarci dalle tenebre del peccato e della morte e risuscitarci per la vita eterna. L’economia cristiana dunque, in quanto è l’Alleanza nuova e definitiva, non passerà mai, e non è da aspettarsi alcun’altra Rivelazione pubblica prima della manifestazione gloriosa del Signore nostro Gesù Cristo non è da aspettarsi alcun’altra Rivelazione pubblica prima della manifestazione gloriosa del Signore nostro Gesù Cristo :

Ascoltiamo il passo di S.Paolo (Efesini 1)

Non cesso di render grazie per voi, ricordandovi nelle mie preghiere, perché il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una più profonda conoscenza di lui. Possa egli davvero illuminare gli occhi della vostra mente per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi credenti secondo l’efficacia della sua forza
che egli manifestò in Cristo,
quando lo risuscitò dai morti
e lo fece sedere alla sua destra nei cieli,
al di sopra di ogni principato e autorità,
di ogni potenza e dominazione
e di ogni altro nome che si possa nominare
non solo nel secolo presente ma anche in quello futuro.

Accanto a questo testo, sempre nella stessa lettera, troviamo anche questo passo (Efesini 3):

Per questo, dico, io piego le ginocchia davanti al Padre, dal quale ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome, perché vi conceda, secondo la ricchezza della sua gloria, di essere potentemente rafforzati dal suo Spirito nell’uomo interiore. Che il abiti per la fede nei vostri cuori e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e conoscere l’amore di che sorpassa ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio.

L’Intelletto è quindi un dono con il quale siamo aiutati a comprendere, nella misura in cui Dio vuole, la verità della Fede e dei misteri di Dio, che ci sono stati donati in Cristo. Comprensione che non sarebbe possibile senza lo Spirito di Dio utilizzando solo la nostra intelligenza naturale.
Se proprio vogliamo essere ancora più espliciti il dono dell’intelletto ci aiuta a comprendere la fonte inestinguibile della Chiesa, da cui, come afferma il Concilio di Trento, proviene ogni verità di salvezza, e cioè il Vangelo , la Buona Notizia di Gesù Cristo, il suo contenuto salvifico e il suo valore per noi e per tutti gli uomini di questa generazione, così come ci è stato trasmesso dalla tradizione apostolica. Ora questa comprensione, come afferma S.Paolo, ha varie dimensioni. Dimensioni che si aprono dentro e fuori di noi. Ciò che comprendo, per dono dello Spirito, del Vangelo di mi apre all’intero universo. Se veramente è un’autentica illuminazione non rimane sotto il letto ma illumina attraverso i miei atti e le mie parole tutto ciò che è intorno a me.
Un esempio di questo “contagio” del Vangelo è quel giovane cattolico inglese del 1938, un anonimo cattolico che così contribuì alla conversione a di Weil, come lei stessa ci racconta:

“Vi era lì (nella chiesa di Solesmes)un giovane inglese cattolico che mi ha dato per la prima volta l’idea di una virtù soprannaturale dei sacramenti, per lo splendore veramente evangelico di cui pareva rivestito dopo essersi comunicato.Il caso- perchépreferisco sempre dire caso anziché Provvidenza- ha fatto di lui, per me, un vero messaggero. Perché egli mi ha fatto
conoscere l’esistenza di quei poeti in del XVII secolo detti metafisici. Più tardi, leggendoli, ho scoperto la poesia di cui ho letto una traduzione purtroppo assai imperfetta, quella intitolata Amore. L’ho imparata a memoria. Spesso, nel momento culminante delle violente crisi di mal di testa, mi sono esercitata a recitarla applicandovi tutta l’attenzione e aderendo con tutta l’anima alla tenerezza che racchiude. Credevi di recitarla solamente come una bella poesia, e a mia insaputa quella recitazione aveva la virtù di una preghiera. Fu una volta che ero intenta a recitarla che stesso, come le ho scritto, è disceso e mi ha presa» .

A questo punto riporto la poesia di George Herbert in questione:

Amore mi diede il benvenuto,
eppure la mia anima si ritrasse,
colpevole di polvere e peccato.
Ma Amore, dagli occhi veloci, vedendomi piegare
dal mio primo entrare,
mi si fece più vicino, chiedendomi dolcemente
se mi mancasse qualcosa.
“Un ospite”, dissi, “degno d’esser qui.”
Amore disse: “Tu lo sei.”
“Io, lo sconoscente, l’ingrato? Oh caro,
io non oso guardarti.”
Amore mi prese la mano e, sorridendo, rispose:
“Ma gli occhi li ho fatti io.”
“Vero, Signore, io però li traviai: fa’ che la mia vergogna
vada dove merita.”
“E non sai tu”, dice Amore, “chi assunse su di sè il biasimo?”
“Allora, caro, io, ti servirò.”
“Siediti”, disse Amore, “e gusta il mio cibo.”
Così mi sedetti e mangiai.